Un terribile interrogativo mi tormenta da ieri pomeriggio, da ancor prima direi da quando la cucina del ristorante ha dato l’ordine un paio di giorni fa, forse da quando il mio capo – che ci prova sempre a dare compiti ingrati al primo che passa- ha buttato lì: << ci pensi tu alle oche?>>. In effetti avrebbe dovuto tormentarmi dall’inizio, questa tremenda domanda, da quando mi hanno detto che uno dei miei compiti qui sarebbe stato badare agli animali.
L’inquietante interrogativo, che forse avrete già intuito è: sono io responsabile della morte degli animali della fattoria anche se materialmente non sono io ad ucciderli?
Ieri è toccata alle oche. << Uccidete le oche>> hanno fatto sapere dal ristorante dell’agriturismo e io e la mia collega ci siamo guardate atterrite. Perché, adesso che lavoriamo qui da diversi mesi, quelle oche sono le nostre oche e le galline sono le nostre galline e ci sono le nostre pecore, i nostri maiali, le nostre quaglie…e come dimenticare i nostri conigli? Insomma per noi i polli non sono più quel taglio di carne molle e bianchiccio che sta nella vaschetta di polistirolo del supermercato e quindi è tutto più difficile.
Le oche a dir la verità non hanno mai vinto il premio simpatia. A vederle possono sembrare anche buffe e amichevoli ma, credetemi, non è così. Forse perché sono più alte, grandi e forti delle loro cugine anatre, forse per quella loro andatura impettita e altera le oche da quando sono arrivata mi sono sempre sembrate, tra i pennuti, le più arroganti e prepotenti..
Una mattina ho trovato una di loro che faceva lo scalpo a una povera papera davanti alla vasca dove sono solite fare il bagno. Teneva una delle sue grandi zampe palmate sopra il dorso della malcapitata paperella e intanto con il becco la colpiva ripetutamente sul capo. Sangue ovunque, starnazzi di terrore e quando mi sono avvicinata per salvare la vittima, l’oca killer ha soffiato nella mia direzione. Le oche soffiano in segno di minaccia, lo sapevate? Aprono il becco seghettato, tirano fuori la lingua emettendo un suono simile a quello dei gatti quando inarcano la schiena. Delle vere stronze insomma, e lo dico consapevole che non si dovrebbe parlar male dei morti.
Fanno gli agguati, le oche. Ti giri per mettere il mangime nelle mangiatoie e quelle, silenziose ti arrivano alle spalle, pronte a darti una beccata. Sono vanitose e rumorose, le oche, non fanno che pavoneggiarsi sbattendo le ali e starnazzare continuamente anche per un intero pomeriggio, fino a logorarti il sistema nervoso.
Insomma, se devo essere onesta mi era capitato più di una volta di passare davanti al loro recinto e sorridere malignamente mentre mi venivano incontro soffiando con il becco per aria:<< soffiate, soffiate>> dicevo << tra un paio di mesi, quando vi tireranno il collo come farete a soffiare eh?>>. E poi il momento di tirare il collo alle oche è arrivato. E il mio capo ha provato addirittura a propormi come boia:<< le vuoi far fuori tu le oche?>> Ma io ho detto subito che no, non me la sentivo. E non me la sentivo neanche di stare a guardare a dir la verità. Ho detto a me stessa che non avrei preso parte a nessuna fase della terribile mattanza e che sarei andata dall’altra parte dell’azienda, per non vedere, non sentire e non avere niente a che fare con l’intera faccenda. Il boia ufficiale qui è un signore dell’età di mio padre che fa il cacciatore e vive nei dintorni, c’avrebbe pensato lui. Lui che scuoia senza battere ciglio daini e cinghiali non si sarebbe certo fatto problemi morali per l’uccisione di un paio di oche. E infatti non si è fatto troppo pregare, ne ha avuto difficoltà a trovare aiutanti tra i ragazzi che si occupano del giardino e dell’orto; in tre si sono diretti, scherzando e ridendo, verso il recinto delle oche:<< guarda come sono grasse>> dicevano << chissà che bell’arrosto!>> E giù battute sul paté di fegato d’oca. Ed è stato allora che mi è scattato qualcosa dentro.
Perché stavano prendendo in giro le MIE oche, porca puttana.
Stavano per farle fuori e per loro era quasi un divertimento e le mie arroganti, intolleranti, indisponenti oche sarebbero morte per mano di questi tizi che neanche le conoscevano. Che non provavano per loro nessun sentimento, neanche la mia meritata antipatia, la rispettosa antipatia di una che avevo dato loro da mangiare ogni giorno e le aveva guardate fare il bagno nel laghetto artificiale. E allora l’ho detto. Ho detto:<< vi aiuto anch’io facciamo presto>> e sono stata a guardare per assicurarmi che facessero presto e che non le facessero soffrire inutilmente. E poi ho aiutato a spennarle e a sezionarle e poi le ho portate in cucina e sono stata io a spazzar via dal cortile tutte le loro piume, quelle piume soffici e bianchissime che quando sfiorano la pelle fanno il solletico. E quindi la risposta all’interrogativo iniziale dovrebbe essere si, sono responsabile della morte di quelle povere bestie. Non avrò tirato il loro collo con le mie mani, ma sono stata a guardare e ho dato pure una mano. Ho un paio di amici, di quelli che non calpestano neanche le formiche ne uccidono le piattole con un colpo di pantofola quando se le ritrovano in cucina, che probabilmente mi giudicheranno severamente dopo aver letto tutto questo.
Diranno forse che stare qui, in mezzo a questi rudi contadini e cacciatori chiantigiani mi ha tolto ogni senso di pietà e compassione, diranno che ho ucciso un povero animale indifeso per deliziare il palato di qualche ricco americano ospite del nostro ristorante e che questo è un gesto moralmente riprovevole. E io dovrò rispondere loro che invece è proprio il mio personalissimo senso morale che mi ha imposto di comportarmi in questo modo.
Dovrò rispondere che io sono responsabile di questi animali, di tutto quello che accade loro e sarebbe stato da ipocriti e da vigliacchi filarmela e lasciarli nelle mani di qualcun altro solo perché la loro uccisione non è un bello spettacolo da vedere.
Spero che abbiate capito che la “questione morale” è davvero profonda e importante e non riguarda solo le oche….perché ci sono molte situazioni nella vita di ognuno di noi in cui qualcuno ci guarda e dice:<< che vuoi fare? Resti o te ne vai?>> e dalla risposta che diamo si può capire cosa ognuno di noi intende per BENE e MALE.
Io gioco da una vita all’interno della categoria RESTO. Io resto sempre, anche quando restare è una gran seccatura, anche quando restare è sbagliato, anche quando non serve a niente.
Lungi da me giudicare coloro che appartengono alla categoria ME NE VADO o sottointendere che il loro comportamento è moralmente sbagliato…dico solo che io faccio fatica a comprenderlo, proprio non riesco a capire come si possa giocare nella categoria ME NE VADO.
Quindi, al fine di stimolare il dibattito, invito tutti quelli che al posto mio se ne sarebbero andati di fronte al boia pronto a entrare in azione a spiegarmi perché, a espormi il loro punto di vista.
E per consolarvi e consolarmi dalla perdita delle mie povere, cattivissime oche vi dirò quello che mi ha detto la proprietaria dell’azienda agricola: <<in un allevamento industriale le nostre oche sarebbero vissute pochi mesi chiuse in una gabbia con scarsissima possibilità di muoversi, mentre qui sono vissute per un anno e mezzo pressoché libere in un bosco bellissimo; la maggior parte delle oche vengono allevate per il fegato e a questo scopo sono letteralmente ingozzate di cibo con un imbuto e questo implica una morte terribile e atroce che le nostre oche non hanno dovuto sperimentare>>.