sabato 13 agosto 2011

Non buttate via le erbacce 2


Ormai non posso più far finta di ignorarlo: quando il signor Leonardo mi vede una luce si accende nei suoi occhi nocciola dietro alle spesse lenti da miope. Mi viene incontro sorridendo, tutto agitato e prima ancora che io abbia avuto il tempo di dire che cosa mi serve il nostro pick-up aziendale è già stracolmo di chili e chili di merce a un prezzo stracciato che Leonardo ha amorevolmente messo da parte per me durante tutta la settimana.
Un’altra a quest’ora si sarebbe già fatta strane idee, ma io lo so che i sorrisi e le premure di questo simpatico grossista di frutta e verdura sulla cinquantina non sono per me sono per i miei maiali.
Sono entrata nel suo magazzino un pomeriggio di inizio estate: << salve vengo da un’azienda vicina>> ho detto << facciamo agricoltura biologica>> il signor Leonardo non s’è scomposto più i tanto, ha fatto passare la biro da un orecchio all’altro con aria scocciata: << eh allora? >> << no, niente…è che noi alleviamo maiali di cinta senese..>> è stato in quel momento che l’ho visto per la prima volta, il sorriso colmo di amore,brama e desiderio, perché il signor Leonardo ha capito subito che cosa volevo da lui: << venga, venga…>> mi ha detto fregandosi le mani mentre si dirigeva verso la cella frigorifera, e io l’ho seguito e ho visto. Ho visto qualcosa che non avrei mai voluto vedere a dire la verità ma che nonostante tutto è un’immagine di importanza storica, quelle scene che racchiudono in se un’epoca come le ragazzine in minigonna che svengono al concerto dei Beatles per gli anni ’60 ….ho visto i ragazzi di Leonardo, di ritorno dal giro di distribuzione per mercati e negozi che buttavano via la frutta e la verdura. La tiravano via dalle cassette coperte dal cellophane: pere, mele, banane, pesche, ortaggi gettati nella spazzatura solo perché appena più maturi o con una piccola imperfezione. Non sto parlando di prodotti putrefatti e marcescenti o di frutta coperta di vermi sto parlando di banane lievemente annerite in un punto o di pomodori troppo maturi per un insalata ma ottimi per fare la conserva…sto parlando di chili di roba da mangiare che stava partendo per la discarica, roba buona, calorie, fonti di vitamine che presto sarebbero state gettate a palate dentro un inceneritore.
<< Lo sai quanto mi costa buttarla via?>> Mi ha chiesto il signor Leonardo passandosi la biro sulla lingua e tirando fuori il suo immancabile taccuino sgualcito da commerciante << dai prova…di, dì un cifra…>> la cifra è consistente ma pare che non ci sia scelta: i supermercati, i piccoli negozi al dettaglio, la catena di distribuzione insomma vuole solo la frutta e la verdura freschissima, pulita, perfetta il resto va nella spazzatura: non esiste un mercato dei prodotti di seconda scelta magari per le mense, per le associazioni di volontariato o che ne so per le trattorie….niente, si butta via tutto. Come tutti i bambini cresciuti negli anni ’80 anch’io sono stata a suo tempo terrorizzata dalla frase:<< finisci le verdure che i bambini africani muoiono di fame>> come tutti i bambini degli anni ’80 pur solidale con i miei coetanei africani continuavo a rifiutarmi di mangiare gli spinaci. Adesso ho capito perché: inconsciamente dovevo aver intuito che il contributo più grande all’aumento della fame nel mondo non lo davo io con i miei disgusti verso i cavoletti di bruxelles o le prugne bensì mia madre quando si voltava sdegnata verso il fruttarolo e diceva: << ma quest’uva è troppo matura!>>. Ed è così che i miei maiali già facenti funzione di spazzini all’interno della nostra fattoria grazie alla loro insaziabile fame ora aiutano anche il signor Leonardo a fare pulizia all’interno del suo magazzino.
Quando il mio capo mi ha mandato da lui con precise istruzioni di chiedere la frutta di seconda scelta ho pensato, come sempre, che fosse un cretino: << Figurati quanto me la faranno pagare>> pensavo << figurati se danno via la frutta per i maiali così…va bhè che i maiali in estate hanno bisogno di vitamine, ma andargli a comprare la frutta come fossero cristiani mi sembra esagerato>>. Sbagliavo, non sapevo quello che il mio capo sapeva: al signor Leonardo arrivano ad avanzare anche venti, trenta cassette di merce…non mi chiedete quanti chili sono che mi viene il mal di testa per favore. Quello che so è che per stabilire un prezzo non ho dovuto neanche accennare una contrattazione, Leonardo ha alzato le spalle senza esitare: << dammi cinque euro e portati via tutto quello che riesci a caricare>>. Ho capito che se fossi stata solo un po’ più paracula lui quella frutta avrebbe finito per regalarmela. Per smaltirla gli toccherebbe pagare per la benzina, per il lavoro di quelli che la trasportano in discarica, la provvidenziale e incontenibile fame dei nostri suini gli toglie dalle spalle una bella rogna.
Stanotte ho fatto un sogno strano, inquietante e allegro a un tempo: i miei maiali invadevano Napoli. Sciamavano in branco a San Gregorio Armeno, al Rione Sanità, a Posillipo persino in Piazza del Plebiscito, guidavano una sorta di adunanza plenaria dei suinidi e grufando richiamavano a gran voce i loro simili o parenti prossimi: cinghiali, maialini rosa e domestici e persino i piccoli maialetti vietnamiti che da qualche anno in tante case vengono tenuti come animali da compagnia, insieme formavano un gruppo enorme che passando per i vicoli veniva salutato da scugnizzi e monelli i quali a loro volta si mettevano a correre e a vociare. Mentre i bambini giocavano e correvano i maiali si buttavano spavaldamente sulla monnezza di Napoli: con metodo e disciplina passavano in rassegna un quartiere dopo l’altro, mangiando tutto quello che riuscivano a masticare. Il resto: plastica, vetro, lattine, pezzi di legno e di lamiera veniva sminuzzato e macinato dalle grosse zanne dei cinghiali toscani, forti e vigorosi.
Ai commercianti e ai disoccupati, ai vigili urbani e ai camorristi, ai politici e ai cantanti neomelodici non restava altro che stare a guardare i miei animali che mettevano ordine nella loro città e i bambini vedendo gli adulti muti e attoniti, prendevano a canzonarli per la loro inettitudine.
E una volta spazzolati persino gli enormi cumuli di spazzatura che giacevano in discarica, nel cuore della notte, mentre la città dormiva, Sofia la più anziana delle mie scrofe attraversava col suo passo pesante tutto il centro storico per andare a sdraiarsi davanti al palazzo comunale, proprio sulla soglia dell’ufficio del sindaco che l’indomani recandosi come ogni giorno al lavoro se la ritrovava lì davanti intenta a divorargli lo zerbino. Con l’enorme naso da maiale prendeva ad annusare i pantaloni del primo cittadino e i suoi occhi grigi, seminascosti sotto le orecchie nere e flosce  chiedevano: << perché?>> Come sanno chiederlo solo gli animali e i bambini: senza rabbia ne arroganza, senza aspettarsi risposte ragionevoli, con l’innocenza dei semplici la cui anima non concepisce il male, ne lo spreco. 

1 commento:

  1. Chiara, urge un post a tema Orwell. Mi sembra ormai imprescindibile, data la sempre maggiore rilevanza dei maiali nel tuo immaginario. Marta

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